Martedì 9 maggio alle 18:30 a Matera, nella sala Laura Battista della Biblioteca Provinciale “T. Stigliani”, presentazione della silloge Ciò che sai amare (Passigli Editori, 2022) della poetessa e docente materana Antonella Radogna. Durante l’evento, organizzato dalla nostra associazione in collaborazione con la Libreria Di Giulio, dialogherà con l’autrice uno tra i più noti e apprezzati poeti italiani, Davide Rondoni, autore di innumerevoli pubblicazioni poetiche, narrative e saggistiche.

La raccolta Ciò che sai amare è un canzoniere d’amore di sessanta liriche che entra con forza nell’umano e ne rileva gli abbagli e le distorsioni, ma soprattutto la necessità che amare è saper vivere. Poesia a tutto tondo, dove le parole non sono soltanto segni dell’alfabeto, ma lacrime, sangue, dolcezza, gioia e sterzata continua per non restare nel guado, ma per affrontare il divenire con slancio e passione.

Formatasi in ambito teatrale, presso il Piccolo Teatro di Milano, Antonella Radogna è autrice oltre che di poesie, di saggi, racconti, testi teatrali e di una sceneggiatura per graphic novel. Le sue poesie sono apparse in diverse antologie e riviste nazionali e internazionali e tradotte in romeno, spagnolo e inglese. È vincitrice del Premio Nazionale di poesia “Isabella Morra” (2009) con la raccolta “A Margine” (Il Filo edizioni 2006), del Premio Internazionale “Roberto Farina” (2016) con la silloge “Paesaggio Liquido” (Fondazione Mario Luzi 2013) e con il libro di poesie “Ciò che sai amare” (Passigli editori 2022) si è aggiudicata il Premio Speciale “Rhegium Julii” 2023.

Di seguito la recensione a Ciò che sai amare della scrittrice e poetessa Loredana Pietrafesa.

Accostarsi alla poesia di Antonella Radogna significa compiere un percorso di incantamenti e suggestioni in cui l’impossibile diventa possibile e il reale immaginario. Le parole sono formule magiche che dischiudono ai nostri occhi mondi in cui i sensi si saziano e si inebriano. E questa magia che chiamiamo poesia rende condivisibile l’incondivisibile. La natura agrodolce della Lucania è un ininterrotto tappeto sonoro e odoroso che fa da sfondo quasi ad ogni pagina. La dedica dell’autrice al suo vento stremato e lieto è il primo, inequivocabile indizio. Il vento che torna fecondo/ nel tempo di marzo o che torna dal suo esilio errante/a soffiare dolce e potente sulla materia/della vita e dei sogni, il vento che Soffia forte la voglia di te e dei tuoi occhi fermi perché Oggi mi protegge solo un guscio di gheriglio/ da questo vento di maestrale che sei tu. È la natura in definitiva la vera protagonista della raccolta: Le soffici trame del cielo/iniettate dall’inchiostro violento/di uccelli in volo libero/indicano il mio cammino. E ancora: Siamo cespugli d’edera e timo/abbarbicati alle pareti franose/e impervie del presente.  Lei madre, lei amica, lei strega, complice, dea, lei che seduce, scuote, stordisce, consola: Dalla finestra come tuffo nell’acqua/ad occhi chiusi /mi doni cedri e frutti vivi a piene mani/mentre il muschio odoroso/delle comete in cielo disegna/vette da raggiungere/che non bastano. Elementi, forme e creature prendono vita e conducono l’autrice fino alle porte dei regni dove ella si rifugia, nei quali esplodono passioni, silenzi, fantasie, paure: Ho fatto l’amore/con il frinire incessante/delle cicale/e il tubare della tortora qui/sui rami dei pini mediterranei. La poetessa filtra tutti i suoi pensieri attraverso la natura, con la quale ha un rapporto intenso e simbiotico. La natura è la voce stessa dell’autrice. Essa modula sapientemente ogni vibrazione, scandisce ritmicamente ogni tremore, dipinge con lirico estro ogni sensazione, ogni verso. La poetessa, e noi con lei, osserva tutto con una lucidità a volte velata di malinconica mestizia, a volte pregna di desiderio incontenibile che esplode in gioia, tensione ad un seguito, ricerca di dialogo. Nella penombra si accende una luce e il vicolo cieco scopre uno sbocco verso l’infinito, e così l’amara sensazione di solitudine o le occasioni perdute o ancora l’incapacità di comunicare diventano altro e tendono verso l’immensa e perfetta coesione del tutto: Vorrei vivere rannicchiata lì/dove abitano tutte le albe/e i tramonti/in questo solo gesto/semplice e divino. Ed è allora che la poesia di Antonella Radogna viene liberata nell’altro da sé, perché l’autrice vive la sua esistenza non solo come esperienza dell’io, ma sempre rapportandola all’altro ed esplicitandosi nel “tu”, che diviene a sua volta strumentale alla realizzazione di un “noi”. È tuttavia un rapporto con l’altro da sé sofferto e a tratti ambiguo e misterico, spesso delineato attraverso la definizione dell’assenza e giocato tra l’attesa e la sorpresa: Sei presenza e assenza/crepitante/che mi fonde insaziabile a te. E l’assenza crepitante dà vita a una crepitante pazienza. O ancora: In attesa di te/e delle tue carezze improvvise/sono diventata straniera di me stessa/e rimango in ascolto del tuo frullo d’ali.

Antonella Radogna è molto attenta alla forma e allo stile, ma non si concentra solo sul linguaggio a scapito dei contenuti e dei messaggi. La sua poesia esplora, scava, ricerca il senso delle cose e degli affetti, si fonde al respiro del creato, rivela. Perciò emoziona fortemente, emoziona sempre. Antonella è la poetessa delle sfumature di buio e di luce, della parola urlata e sussurrata, del silenzio e della domanda, della passione impudente e della timida tenerezza, del bisogno di solitudine e del desiderio dell’incontro, coerente con i suoi ossimori stridenti/di ghiaccio infuocato/e deserti inondati/di impetuose maree. Ogni suo verso nasce da un profumo, cresce in un colore, irrompe in una lacrima, culmina in una visione, in una continua oscillazione tra sogno e realtà: Indosso l’alba/Il suo confine tra sogno e realtà/mi appartiene/margine in cui la parola/è violenza.

Sono sicura che tutti noi, dopo aver letto queste pagine, avremo un’immagine chiara di ciò che è poesia. E questa immagine lascerà in noi un’orma, un segno, una scia.